Il mondo esterno non mi piace, non lo trovo interessante, anzi, non mi serve! Chiuso nella mia stanza ho tutto! Con il computer, o lo smart-phone, posso parlare con chi voglio. Sto meglio nella mia camera, tra le mie cose, che fuori tra la gente.
Non ho bisogno di uscire per fare ciò che mi piace, per incontrare i miei amici o imparare qualcosa sul mondo. Se rimango qui a casa, non devo pensare a che vestiti indossare, non rischio di fare brutte figure – non arrossisco, non rido in modo strano – ho uno schermo che mi proteggere e mi fa essere chi voglio.
La sindrome Hikikomori
Hikikomori è un termine giapponese che alla lettera vuol dire “stare in disparte, isolarsi”. Fu coniato da Tamaki Saito, uno psichiatra giapponese, che negli anni ’80 si rese conto che monti giovani in cura presentavano gli stessi sintomi: disinteresse per la scuola, isolamento sociale e scarsa comunicabilità.
Questa situazione si è diffusa molto velocemente, non solo in Giappone, ma in tutto il mondo. In Italia ci sono circa 100.000 casi, ma non esistono ancora stime certe e dati ufficiali.
Chi sono gli Hikikomori?
Gli Hikikomori, sono principalmente adolescenti e giovani adulti che si ritirano nelle proprie camere, evitano qualunque forma di contatto con il mondo esterno. Passano le loro giornate tra computer, smartphone, chat, social e video games.
Sono ragazzi che a poco a poco si escludono dal mondo, e nei casi più seri e preoccupanti, arrivano a non uscire di casa per anni, fino ad abbandonare gli studi, trascurare qualunque forma di rapporto sociale e attività che li porti in contatto con ciò che è fuori dalla propria stanza.
Perché proprio ora, perché i giovani?
Siamo un’epoca di crisi, dove il futuro appare più come una minaccia che una promessa. Viviamo in una società che pretende tanto senza dare sicurezze, e i giovani sono quelli che pagano il prezzo più alto.
Molti ragazzi si sentono costretti a rinunciare ai propri sogni, scegliendo studi o professioni che non piacciono, ma che danno maggiori possibilità di guadagno e successo. Il rifiuto di tale situazione spinge molti giovani a costruirsi un mondo e un’identità virtuale, dove si sentono maggiormente al sicuro e possono esprimersi liberamente.
In molti casi i genitori sperano di realizzare se stessi attraverso le vite dei propri figli. Ad esempio riempiono le loro settimane di impegni: corsi di lingue, musica, sport e quant’altro. Il rifiuto di una vita eccessivamente organizzata, oggi molto spesso si manifesta con una fuga dal reale e un ritiro nella propria camera.
La propria stanza diventa una tana per fuggire dai sempre più diffusi fenomeni di bullismo tra coetanei, per allontanarsi da frequentazioni ostili ed evitare di confrontarsi con gli altri.
Inoltre, sicuramente esiste una predisposizione caratteriale: i ragazzi più timidi, introversi e introspettivi sono molto più esposti a questa patologia.
Il cielo in una stanza
Durante la crescita, molto spesso la realtà sembra incomprensibile, opprimente e insensata. La ribellione al mondo degli adulti e il rifiuto della società sono atteggiamenti tipici della crescita, e in sé per sé non sono da considerare negativi. Dare valore alle proprie emozioni e sensazioni è importante e fa parte dell’evoluzione dell’individuo. Rivolgere l’attenzione alla propria interiorità è un modo per conoscersi. La capacità di crearsi un proprio mondo autonomo può essere una strada per entrare in contatto con l’inconscio e capire i propri desideri e bisogni.
Ma oggi sembra che molti giovani rimangano intrappolati in questa fase. Le nuove tecnologie danno l’illusione di essere connessi con il mondo, di vivere insieme agli altri, ma in realtà si è soli, ben nascosti dietro una maschera virtuale.
Non sottovalutare il problema
Se non avviene una riapertura verso il mondo esterno, se la fase di chiusura dura troppo a lungo, questi giovani rischiano d’isolarsi completamente: trascurano i rapporti con i coetanei, abbandonano la scuola e perdono interesse per ogni tipo di attività fuori dalle mura domestiche.
Per anni il fenomeno degli hikikomori è passato sotto silenzio: molti genitori hanno minimizzato o girato la testa dall’altra parte, attribuendo tale atteggiamento alla diffusione capillare delle nuove tecnologie. Ma non bisogna dimenticare che dietro a questi comportamenti si nasconde un forte senso di inadeguatezza e una grande sofferenza.
Bisogna cercare di creare un ponte di comunicazione con questi giovani, non ignorarli. Bisogna trovare la strada giusta per aprire la porta della loro stanza e invitarli a uscire per aprirsi al mondo. Per questo è davvero importante non sottovalutare il manifestarsi dei primi sintomi: consultare uno psicoterapeuta può essere utile per non far diventare il problema troppo grande e difficile da risolvere.