Quando muore una persona che amiamo sperimentiamo che cosa sia davvero la morte. L’esperienza della perdita si posa su di noi e ci colpisce, costringendoci a riflettere su di noi e su tutto ciò che sino a quel momento abbiamo dato per scontato. Non solo ribalta la nostra comprensione di noi stessi e del mondo, ma, che lo vogliamo o no, ci costringe a trasformarci.
Quando muore una persona cara, non solo viviamo anticipatamente, nella sua, la nostra propria morte, ma in una certa misura moriamo anche noi con lei. In quel momento ci rendiamo conto di quanto la nostra comprensione di noi stessi dipenda dal rapporto con gli altri e con le cose che ci circondano, di quanto la fine di un rapporto ci spezzi ed esiga che ci si dia un nuovo orientamento. Questa è certamente un’esperienza antica quanto l’umanità stessa.
Fa parte della vita umana che la percezione di sé nasca essenzialmente dai rapporti con gli altri, che il nostro rapporto con la nostra interiorità, con il nostro più intimo sé sia determinato dai rapporti che abbiamo con il prossimo, in particolare dai rapporti amorosi. Coloro che amiamo sono “metà dell’anima nostra”, fanno realmente parte di noi, ci aiutano a crearci il nostro significato e la nostra visione della vita perché li abbiamo lasciati avvicinare tanto da divenire parte di noi. La perdita di una persona cara è una situazione limite della vita che ci può trasformare, che può aprire il nostro discernimento a ciò che è veramente essenziale ed è una situazione che ci può anche spezzare.
Il lutto come processo psicologico
La possibilità di riuscire a vedere se stessi e il mondo secondo nuove prospettive, di intendere la morte come elemento della consapevolezza di noi stessi piuttosto che spezzarci, che portare il lutto in modo patologico e non superarlo mai più, dipende fondamentalmente dalla capacità di vivere correttamente il lutto. Vivere il lutto non va più considerato una “debolezza”, è invece un processo psicologico della massima importanza per la salute di una persona.
A chi mai vengono risparmiate le perdite? Anche se non è sempre la morte della persona che amiamo a colpirci, ci sono abbastanza separazioni da affrontare nella vita che possono provocare reazioni simili a quelle che provoca la perdita di una persona cara. È importante tenere presente quanto improvvisamente possa mutare la vita di una persona a causa della morte di un compagno di vita, per esempio, quante difficoltà debba affrontare di conseguenza chi sopravvive, per di più in uno stato psichico che gli rende pressoché impossibile risolvere i problemi. Esteriormente la vita muta anche perché una persona, essendo in lutto, all’improvviso viene trattata diversamente da chi l’attornia.
Il lutto e la collettività
Non si sa bene come comportarsi con chi è in lutto e, per lo più, si risolve il problema girando alla larga da lui. E così al lutto, all’esperienza della perdita, si aggiunge anche la solitudine, la sensazione di essere esclusi. Il mondo si accosta in modo diverso a chi è in lutto e a chi non lo è. Quanto più fortemente una società rimuove il lutto e la morte, tanto meno spontaneamente tratterà chi è in lutto e tanto più rapidamente esigerà che si debba infine sospendere il lutto.
Non solo il mondo si rapporta diversamente a chi è in lutto: anche chi vive nel lutto sperimenta diversamente il mondo. Egli ha subìto una perdita, è completamente assorbito da un problema che ne comporta senza dubbio molti altri. Tutto il resto lo interessa poco, non ha alcuna forza per qualcosa d’altro. Non è in grado di avvicinarsi alle persone, anche se avrebbe molto bisogno di loro, perché proprio il calore degli altri esseri umani potrebbe impedirgli di perdere del tutto la fiducia nella vita.
Se gli altri non vanno verso di lui, e questo può verificarsi nella nostra società, cui manca una ritualizzazione del lutto, egli non è in grado di accostarsi agli altri esseri umani che, per di più, si attendono che chi è in lutto continui a vivere “normalmente”. Egli, nel suo dispiacere, si estrania sempre più da loro e ben presto sente ostile il mondo di cui non si sente più all’altezza. A questo punto può instaurarsi un cerchio di isolamento, di paura, di estraniazione, in cui è difficile o addirittura impossibile costruire una nuova comprensione del mondo. Chi sta vivendo un lutto non solo non capisce più il mondo, spesso non capisce neppure più il destino.
La perdita come nuova ricerca di senso
Di fronte alla morte, e in particolare di fronte a quella prematura di chi si ama, ci si chiede che senso abbia la vita. Il quesito sgorga sempre imperiosamente, anzi brutalmente, ed è un quesito per cui, in situazioni simili, non esiste risposta. Le risposte che ricorrono più frequentemente risultano sarcastiche alle orecchie di chi è in lutto e, come minimo, non riescono a dare soccorso. Fa parte del processo del lutto sopportare anche questa mancanza di significato e dover ciò nonostante continuare a vivere nella speranza di ritrovarne uno o ricordando che la vita una volta ne era ricca. Non sono solo queste incertezze sul significato dell’esistenza a turbare chi in lutto: egli si sente veramente sconvolto, cambiato. Il suo senso della vita muta, la sua percezione di sé non è più la stessa.
L’elaborazione del lutto
Quali che siano i motivi per cui la morte di un’altra persona influenza in tale misura la nostra esperienza di noi stessi, chi vive il lutto deve con il tempo ritornare a un’esperienza unitaria di se stesso. In ogni circostanza della vita, infatti, questa appare essere la premessa necessaria per vivere l’identità con noi stessi. È proprio questa fragilità della comprensione di sé di fronte alla perdita di una persona amata che rivela quanto i rapporti con il nostro prossimo facciano parte dell’esperienza di sé.
L’esperienza di sé non deriva solo dai primi rapporti che abbiamo vissuto, per quanto importanti essi siano, ma dai nostri rapporti in generale. Lo sconvolgimento della percezione di sé è molto difficile da sopportare; sembra, però, che proprio il vivere il lutto, l’accettare le differenti emozioni che gli sono collegate, il lasciarsi sopraffare dalla mancanza di significato, dalla paura e della rabbia consentano la nascita di una nuova esperienza di sé. Forse è proprio il lutto l’emozione che, nella vita della persona sconvolta, può creare un nuovo ordine, una nuova esperienza di sé e del mondo.
La perdita: un’esperienza umana
Per poter accettare il lutto, per poter veramente vivere il lutto, il che è psicologicamente necessario per superare la perdita e per pervenire a una nuova comprensione del mondo e di sé, occorre però che le persone si aiutino reciprocamente.
Dobbiamo trovare il modo di considerare l’esperienza come qualcosa di essenziale, e non come qualcosa di patologico e dobbiamo imparare di nuovo a condividere il lutto. Il primo passo è imparare a vincere la nostra grande paura del dolore, la tendenza a rifiutarlo e di affrontare la realtà che siamo mortali, che la nostra vita è contraddistinta da molti commiati, e questi fanno parte della nostra natura umana e fanno male. A questo va però aggiunto anche che dobbiamo imparare ad ammettere che siamo fragili, che il nostro benessere dipende da infiniti fattori, ma che siamo anche in grado di sopportare il lutto, che possiamo vivere delle situazioni limite e uscirne rafforzati.
La morte ha un posto nella vita di ciascuno, ognuno deve farci i conti secondo i suoi mezzi e proprio là dove ci sentiamo più soli, possiamo scoprire di non esserlo. Ci sono molti disposti a condividere la nostra sofferenza se solo li lasciamo avvicinare.