L’affaticamento mentale e fisico che si protrae nel tempo, senza trovare sollievo nemmeno dopo il riposo, costituisce un segnale clinico che merita attenzione specialistica. Quando la stanchezza diventa una condizione permanente, accompagnata da difficoltà di concentrazione, svuotamento emotivo e sensazione di peso corporeo costante, ci troviamo di fronte a una manifestazione che travalica il semplice esaurimento energetico e assume il valore di un sintomo psicologico complesso, radicato nelle dinamiche profonde della persona.

La natura psicologica dell’affaticamento cronico

Dal punto di vista psicodinamico, l’affaticamento persistente non è soltanto una conseguenza dello stress quotidiano, ma si configura come l’espressione somatica di conflitti interni irrisolti, di aspettative disattese nei confronti di se stessi, di pressioni introiettate che si traducono in un dispendio psichico costante. La persona che sperimenta questa condizione spesso riferisce di sentirsi vuota, priva di energia vitale, come se ogni attività richiedesse uno sforzo sproporzionato rispetto alla sua reale complessità.

Questa forma di stanchezza, in quanto radicata nella struttura psichica dell’individuo, non risponde ai comuni rimedi fisici: il sonno non ristora, la pausa non rigenera, il riposo non restituisce vitalità. La fatica diventa così un linguaggio attraverso cui la psiche comunica un disagio più profondo, un’area di sofferenza che necessita di essere ascoltata e compresa nel suo significato simbolico e relazionale.

I segnali clinici dell’affaticamento psicologico

Chi vive un affaticamento mentale e fisico costante presenta spesso una costellazione di sintomi che si intrecciano: difficoltà nel mantenere l’attenzione anche su compiti ordinari, sensazione di pesantezza corporea diffusa, rallentamento nei movimenti e nel pensiero, riduzione dell’interesse verso attività che prima procuravano piacere, tendenza all’isolamento sociale.

A questo si aggiunge frequentemente un vissuto di inadeguatezza personale, la sensazione di non riuscire a soddisfare le richieste dell’ambiente circostante, un senso di colpa pervasivo legato alla percezione di non essere all’altezza delle proprie responsabilità.

Dal punto di vista psicodinamico, questi segnali vanno letti come l’effetto di un conflitto tra istanze interne contrapposte: da un lato, aspettative elevate e ideali rigidi riguardo a ciò che si dovrebbe essere o fare; dall’altro, una parte più autentica del Sé che fatica a esprimersi e che viene costantemente compressa dalle richieste interne ed esterne. Questa tensione continua esaurisce le risorse psichiche della persona, determinando quello stato di prostrazione che caratterizza l’affaticamento cronico.

Le radici profonde della stanchezza costante

Nel lavoro clinico con persone che presentano affaticamento persistente emerge con frequenza una storia relazionale caratterizzata da richieste eccessive, da aspettative genitoriali molto elevate, da un ambiente familiare in cui era necessario adattarsi continuamente ai bisogni altrui a scapito dei propri. La stanchezza attuale può quindi essere compresa come il risultato di un adattamento forzato prolungato nel tempo, in cui la persona ha imparato a funzionare secondo modalità non autentiche, sacrificando parti vitali di sé per mantenere legami significativi o per corrispondere a un’immagine ideale.

In particolare, molte persone che soffrono di affaticamento cronico hanno sviluppato un’organizzazione psichica centrata sul dovere e sulla performance, in cui il valore personale viene misurato attraverso la produttività e l’efficienza. Questa configurazione interna genera un dispendio energetico enorme, in quanto ogni attività viene investita di un significato che va oltre la sua funzione pratica e diventa una prova del proprio valore. Di conseguenza, anche le azioni più semplici si caricano di tensione e l’individuo si ritrova in uno stato di iperattivazione mentale continua, anche quando il corpo riposa.

L’intervento psicoterapeutico psicodinamico

Il trattamento dell’affaticamento mentale e fisico secondo la prospettiva psicodinamica si fonda sulla comprensione dei significati inconsci che sostengono questo sintomo. Il lavoro psicoterapeutico individuale consente di portare alla luce i conflitti profondi che si celano dietro la stanchezza cronica, di riconoscere le dinamiche relazionali interiorizzate che continuano a operare nel presente, di identificare le parti di sé che sono state messe a tacere nel corso dello sviluppo.

Attraverso la relazione continuativa con il terapeuta, la persona può gradualmente sperimentare modalità relazionali diverse, in cui non è necessario adattarsi costantemente alle aspettative percepite dell’altro, in cui è legittimo esprimere bisogni e limiti senza timore di perdere l’approvazione. Questo lavoro relazionale permette una riorganizzazione interna, in cui le istanze rigide e punitive che sovrintendono al funzionamento psichico possono ammorbidirsi, lasciando emergere una maggiore tolleranza verso i propri limiti e una capacità rinnovata di ascolto dei segnali corporei ed emotivi.

Nel corso del trattamento diventa centrale l’analisi delle aspettative interiorizzate che regolano il rapporto della persona con se stessa: attraverso quali criteri si giudica, cosa si aspetta da sé, quali parti di sé considera accettabili e quali invece vengono rigettate o negate. Questo lavoro analitico permette di riconoscere come l’affaticamento sia spesso il prezzo pagato per mantenere un’immagine di sé conforme a ideali esterni, e consente di aprire uno spazio per modalità di funzionamento più autentiche e sostenibili.

Per chi sperimenta anche manifestazioni corporee intense di origine psicologica, può essere utile approfondire come riconoscere e affrontare i disturbi psicosomatici, che esplora il legame profondo tra dimensione psichica e manifestazioni somatiche.

La dimensione temporale del cambiamento

È importante sottolineare che il lavoro sull’affaticamento cronico richiede tempo e continuità.

I pattern difensivi che sostengono questo sintomo si sono costruiti nel corso di anni e sono profondamente radicati nell’organizzazione psichica della persona. Per questo motivo, l’intervento psicoterapeutico psicodinamico si configura come un processo graduale di trasformazione profonda, in cui i cambiamenti si verificano attraverso l’elaborazione progressiva dei contenuti inconsci e la ristrutturazione delle modalità relazionali interne.

Il percorso terapeutico offre uno spazio protetto in cui la persona può rallentare il ritmo compulsivo che caratterizza spesso il suo funzionamento quotidiano, può fermarsi ad ascoltare ciò che accade dentro di sé senza la pressione di dover immediatamente agire o produrre. Questo rallentamento terapeutico contrasta direttamente con le dinamiche di accelerazione e iperattività che alimentano l’affaticamento, permettendo l’emergere di una qualità di presenza diversa, più radicata nel qui e ora dell’esperienza.

Quando chiedere un sostegno professionale

Se la stanchezza è diventata la tua condizione abituale, se ti svegli già stanca e il riposo non ti restituisce energia, se senti che stai funzionando in modo automatico senza più contatto con ciò che desideri veramente, può essere il momento di considerare un intervento specialistico. L’affaticamento persistente non è una condizione da sopportare o da combattere con la forza di volontà: è un segnale che merita ascolto e comprensione clinica.

Studio di Psicologia e Psicoterapia Psicodinamica – Dott.ssa Maria Vittoria Montano

Se riconosci in queste parole la tua esperienza, se l’affaticamento mentale e fisico è diventato un compagno costante delle tue giornate, posso offrirti uno spazio di ascolto qualificato e un intervento psicoterapeutico fondato sull’approccio psicodinamico.

Nel mio studio a Pescara lavoro con persone che vivono questa condizione, accompagnandole in un percorso di comprensione profonda dei significati che sostengono il sintomo e di graduale riappropriazione delle proprie risorse vitali.

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